Presepi a Laterina: tra storia e tradizione

Il Natale nel borgo medievale di Laterina e un po’ di storia sulla tradizione del presepe

Il suggestivo borgo di Laterina, immerso nell'entroterra del Valdarno, ha radici che risalgono all’anno mille. Durante il periodo natalizio, a partire dal 1997, il suo antico centro storico si trasforma in un luogo magico, ospitando una straordinaria rassegna di presepi che offre uno spettacolo affascinante ai visitatori provenienti non solo dalla Toscana, ma da ogni angolo d'Italia. Laterina diventa così un crocevia di emozioni, storia e spiritualità, attirando non solo gli amanti dell'arte e della tradizione, ma anche coloro che cercano un profondo legame con la magia del Natale. Le opere d'arte, provenienti da tutto il mondo, sono accolte con amore dagli abitanti del paese ed esposte con maestria nei suoi luoghi. Ogni anno, il borgo si illumina con numerose fonti di luce, e tra le capannucce, tra un bue e un asinello, si scorgono Maria e Giuseppe accanto a una greppia con il Gesù Bambino. La tradizione del presepe, che si rinnova puntualmente nei cuori dei cristiani e non solo, continua a ispirare e a unire le generazioni. Uno dei primi atti di questa straordinaria rievocazione fu voluto da San Francesco nella notte di Natale di ben ottocento anni fa, precisamente nel 1223 a Greccio. Da allora, il presepe ha continuato a incantare e a trasmettere il toccante messaggio della Natività, diventando l'elemento intrinseco e pulsante della Festa in tutto il mondo cristiano.

Il presepe di Greccio

Tommaso da Celano, il primo biografo di San Francesco d’Assisi, ci narra l’episodio del presepe di Greccio, nella “vita prima” scritta fra il 1228 e il 1229. Al capitolo XXX ci racconta la nascita del primo presepe vivente, voluto dal Santo per rievocare nei cuori dei fedeli il Bambinello di Betlemme.

Una quindicina di giorni prima del Natale, Francesco si recò a Greccio, nella Valle santa reatina. Lì, chiamò Giovanni, il signore del luogo e grande devoto del poverello di Assisi, chiedendogli di procurargli un bue, un asino e una greppia con un po' di fieno, con l’intenzione di ricostruire “la scena in cui si onora la semplicità, si esalta la povertà e si loda l’umiltà”. Giunto il giorno della letizia e dell'esultanza, furono chiamati a raccolta i frati, i contadini, e chiunque volesse partecipare alla messa della notte santa. Francesco indossò allora la veste da levita e si apprestò a cantare il Vangelo parlando al popolo con parole dolcissime, rievocando la nascita del “Re Povero”, il Bambinello di Betlemme.

La dolcezza e l'amore che Francesco usò nel parlare al popolo furono così intense, che qualcuno tra la folla ebbe la visione di un Bambino, apparentemente privo di vita, destato dalle parole e accolto fra le braccia del Santo, facendolo così resuscitare anche nel cuore dei molti che lo avevano dimenticato. Il fieno della greppia di quella notte santa, testimonianza del Re Povero, fu conservato a lungo. Esso veniva dato da mangiare agli animali malati, che così guarivano, e messo sulle membra delle partorienti per aiutarle nel momento del parto.

Per comprendere appieno il messaggio di Greccio, è fondamentale ricordare che San Francesco, un letterato e un uomo istruito che compose il Cantico delle Creature in volgare, anziché in latino, la lingua “ufficiale” per i testi sacri, nella rappresentazione di Greccio desiderava umilmente inviare un messaggio a tutti i cuori presenti. Il Santo, infatti, non rievoca Maria e Giuseppe, poiché il presepe di Greccio non ha lo scopo di testimoniare la venuta della Sacra Famiglia, ma piuttosto di evidenziare l'infedeltà dei tanti presenti alla celebrazione della messa.

Nei Vangeli sinottici, cioè quelli riconosciuti dalla Chiesa, la nascita di Gesù è raccontata solo nei Vangeli di Luca e Matteo, senza menzionare il bue e l’asinello, che invece popolano le rappresentazioni nelle nostre case: si parla semplicemente di una grotta. I due animali, il bue, un toro castrato atto al lavoro nei campi, e l'asinello, usato per il trasporto di persone e merci, fanno la loro comparsa nei Vangeli apocrifi, precisamente nello pseudo Matteo, al capitolo XIV. Lo pseudo Matteo racconta che Gesù nacque in una grotta e solo il terzo giorno fu portato in una stalla dove c’erano i due animali, adempiendo così a ciò che era stato annunciato dal profeta Isaia: “Il bue ha riconosciuto il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone” (Isaia 1-2,3). Sempre lo pseudo-Matteo ci rivela che i due animali adorarono immediatamente e senza sosta il Bambinello, adempiendo così anche la profezia del profeta Abacuc: “Ti farai conoscere in mezzo a due animali”.

Isaia, nel versetto successivo a quello citato dallo pseudo Matteo, scrive: “Ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende”, riferendosi al bue che, al contrario del suo popolo, aveva perfettamente compreso, tanto da prepararsi a adorare il Re Povero. L'asino, invece, era il simbolo dell'umiltà, rappresentando la cavalcatura in tempi di pace (per la guerra si usava il cavallo), il mezzo di trasporto per il censimento di Betlemme, la fuga in Egitto e l'ingresso di Gesù a Gerusalemme per la sua ultima Pasqua.

Ecco allora spiegato perché San Francesco decise di allestire il presepe solo con un bue, un asinello e una greppia vuota, così facendo Greccio diventò per una notte la sede della rinascita dell'amore di Cristo verso tutti. Non solo verso Israele, che non comprendeva, ma soprattutto verso coloro che avevano compreso, ma avevano impedito a Gesù di abitare nei loro cuori, dimenticando l'umiltà della nascita del Re Povero. Inoltre, con la rappresentazione del presepe di Greccio, San Francesco faceva capire a tutti che Betlemme poteva essere ovunque, non solo in Terrasanta.

Oggi, nel luogo dove era stata celebrata la messa della Notte Santa nel 1223, sorge un santuario. La dove prima c'era la greppia con il fieno, ora si trova l'altare, permettendo agli uomini di consumare la carne dell'Agnello consacrata.

Le prime rappresentazioni della natività affiorano nelle catacombe paleocristiane con i resti degli affreschi. Dal 1200 la tradizione del presepe prende forma nelle chiese, nelle dimore nobiliari e infine nelle case dei popolani. È intorno al 1700 che nasce la tradizione del presepe napoletano che con le sue statuine, oggetti animati e piccole capannucce, anima i vicoli di San Gregorio Armeno.Inizio modulo

“Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, e aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati”

San Francesco
Per scrivere questo ci si è avvalsi dei seguenti testi: Bibbia, Vangeli Apocrifi, Vita nuova di Tommaso da Celano, Vita di un uomo: Francesco d’Assisi di Chiara Frugoni.
Coppo di Marcovaldo, “San Francesco istituisce il presepe a Greccio”, scena di “San Francesco e venti storie della sua vita” (“Tavola Bardi”), 1245-1250, tempera su tavola. Firenze, Santa Croce, transetto.

Per chiudere questo nostro incontro con il presepe di Greccio, abbiamo scelto un particolare delle più antiche tavole francescane esistenti: la tavola Bardi, esposta nella basilica di Santa Croce a Firenze.

La tavola Bardi è stata dipinta intorno al 1250 da un pittore ignoto, secondo alcuni studiosi invece si tratta di Coppo di Marcovaldo… Qualunque sia il pittore è importante ricordare che la tavola è costituita da 20 storie rappresentanti la vita di San Francesco, e, una di queste, riguarda proprio il famoso presepe. Il primo presepe vivente fa la sua comparsa fra il popolo, i frati, il celebrante e san Francesco mentre una greppia accoglie un Bambinello in fasce fra un bue e un asino. Il Re Povero diventa così il Bambinello di tutti e, come tutti i bambinelli di quel tempo, viene avvolto nelle fasce di canapa quasi a farlo diventare una piccola mummia. Questa pratica era rivolta a tutti i nascituri per scongiurare il pericolo della deformazione delle ossa, ritenute troppo fragili per poter essere lasciate senza nessun sostegno. Le fasce erano anche una forma per determinare lo status sociale: la canapa scura indicava una famiglia poco abbiente, la canapa chiara e rossa indicava invece l’appartenenza a una famiglia aristocratica., ma questa è un’altra storia….

Questa lettura è pensata per un pubblico adulto, essendo il risultato di uno studio approfondito. Per i lettori più giovani, invece, condividiamo questa novella presa dal web.

“PERCHÉ ALLA GROTTA C’ERANO L’ASINO E IL BUE”

Mentre Giuseppe e Maria erano in viaggio verso Betlemme, un angelo radunò tutti gli animali per scegliere i più adatti ad aiutare la Santa Famiglia nella stalla. Per primo, naturalmente, si presentò il leone.

«Solo un re è degno di servire il Re del mondo», ruggì «io mi piazzerò all'entrata e sbranerò tutti quelli che tenteranno di avvicinarsi al Bambino!».

«Sei troppo violento» disse l'angelo.

Subito dopo si avvicinò la volpe. Con aria furba e innocente, insinuò:

«Io sono l'animale più adatto. Per il figlio di Dio ruberò tutte le mattine il miele migliore e il latte più profumato. Porterò a Maria e Giuseppe tutti i giorni un bel pollo!».

«Sei troppo disonesta», disse l'angelo.

Tronfio e splendente arrivò il pavone. Sciorinò la sua magnifica ruota color dell'iride:

«Io trasformerò quella povera stalla in una reggia più bella dei palazzo di Salomone!».

«Sei troppo vanitoso» disse l'angelo.

Passarono, uno dopo l'altro, tanti animali ciascuno magnificando il suo dono. Invano. L'angelo non riusciva a trovarne uno che andasse bene. Vide però che l'asino e il bue continuavano a lavorare, con la testa bassa, nel campo di un contadino, nei pressi della grotta.

L'angelo li chiamò: «E voi non avete niente da offrire?».

«Niente», rispose l'asino e afflosciò mestamente le lunghe orecchie, «noi non abbiamo imparato niente oltre all'umiltà e alla pazienza.

Ma il bue, timidamente, senza alzare gli occhi, disse: «Però potremmo di tanto in tanto cacciare le mosche con le nostre code».

L'angelo finalmente sorrise:

«Voi siete quelli giusti!».

 

Buon Natale a tutti e, come salutava sempre San Francesco: “Il Signore vi dia pace”

Articolo a Cura di

Paola

Eleonora

Edy

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